I “Dispositivi meravigliosi” del Festival Aperto

A Reggio Emilia la 9° edizione dal 15 settembre al 12 novembre 2017

13 settembre 2017

Dal 15 settembre al 12 novembre ritorna a Reggio Emilia il Festival Aperto con un ricchissimo cartellone di spettacoli che intrecciano musica, danza e arti visive. Giunto alla nona edizione, a cura della Fondazione I Teatri e con la direzione artistica di Roberto Fabbi, quest’anno il festival ha un titolo-tema, “Dispositivi meravigliosi”, che si ispira a quel “cominciamento del filosofare” che è la meraviglia socratica, per mettere in risalto la feconda contraddizione fra il dispositivo che ingabbia e la meraviglia che libera.

Teatro Valli, Teatro Ariosto, Teatro Cavallerizza, Collezione Maramotti e Chiesa S. Carlo sono i luoghi del festival reggiano che offre al pubblico una trentina di appuntamenti tra sperimentazione drammaturgica, musiche contemporanee e nuovissime, eventi espositivi, coreografia italiana emergente e produzione coreutica internazionale. Un programma riconoscibile nelle sue linee portanti che sono un costante dialogo tra le arti, l’intreccio dei generi, la reinvenzione contemporanea di tradizioni, l’uso poetico delle tecnologie e la valorizzazione dei giovani talenti.

Sarà Gregory Porter, star californiana, newyorkese di adozione, a dare il via alla rassegna e all’intera stagione teatrale, venerdì 15 settembre. Fresco di Grammy Award per “Best Jazz Vocal Album 2016”, Porter è un grande interprete di quello stile senza tempo proprio dei giganti del blues e del soul che lo hanno influenzato. La sua voce jazz-blues dalla tessitura baritonale, che sa essere insieme potente e vellutata, e la sua band – Tivon Pennicott (sax), Chip Crawford (piano), Jahmal Nichols (bass) e Emanuel Harrold (drums) – si esibiranno al Teatro Municipale Valli, alle 20.30, in un concerto di sicura intensità emotiva.

L’affidamento della nuova opera di Mauro Montalbetti, “Haye: le parole la notte” alla regista cinematografica Alina Marazzi è un ulteriore momento di dialogo fra le arti. In scena in prima assoluta al Teatro Ariosto venerdì 29 settembre alle 20.30 e domenica 1 ottobre alle 18.00, l’opera è un affresco polifonico di corpi, immagini, suoni e parole incentrato su un tema drammaticamente attuale, quello delle migrazioni. Tratta dal libretto di Alessandro Leogrande, l’opera vede tra interpreti principali Cristina Zavalloni, Elizangela Torricelli e Alessandro Albertin, accompagnati dall’Ensemble strumentale della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, dal Quartetto Mirus e da Zero Vocal Ensemble diretti da Francesco Bossaglia. Le scene, i costumi e le luci portano la firma di Angelo Linzalata.

“’Haye’ significa ‘avanti’ in tigrino, lingua diffusa fra Etiopia ed Eritrea – spiega Mauro Montalbetti – e riassume in una parola la filosofia di sopravvivenza del migrante: andare sempre avanti, mai tornare indietro. Il tema dell’opera è infatti quello delle migrazioni, tragedia del nostro tempo trattata in parallelo con il nostro passato italiano di emigranti: una sorta di rispecchiamento che cambia il punto di vista sul problema, rispetto a quello offerto dai media, in senso più ravvicinato, umano, poetico.” Così anche in quest’ultima opera di Montalbetti, commissionata dal Festival Aperto e prodotta dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia in collaborazione con Ied di Milano, il teatro musicale civile resta al centro del processo creativo. Assieme alla parola, come precisa ancora il compositore: “In questa partitura l’iterazione fra il suono e il video sarà fondamentale in quanto la narrazione si articolerà su piani diversi ora assegnati al video ora ai protagonisti in scena, alternandosi e sovrapponendosi a seconda delle necessità drammaturgiche. Musicalmente si svolgerà come un continuo dialogo fra quattro voci (soprano, tenore, voce femminile non impostata, attore) e sonorità eterogenee saldamente organizzate in percorsi armonici molto precisi e attraverso una drammaturgia del suono tesa a sottolineare, contrastare, avvolgere il canto, la parola. Proprio per la centralità della parola, cantata o recitata, si evidenzieranno tre piani sonori distinti: il quartetto d’archi, un complesso vocale di otto voci in scena, e un ottetto di giovani strumentisti che interverranno dalla buca d’orchestra”.

Nella zona di sperimentazione drammaturgica, dove trova posto ”Haye”, si colloca anche “Silent” di Gabriele Marangoni che, con il sottotitolo “Visioni dal limite della percezione”, va in scena in prima assoluta al Teatro Cavallerizza sabato 4 novembre, alle 20.30. Rappresentativo anche degli spettacoli che rimarcano l’uso poetico delle tecnologie, “Silent” è davvero un viaggio musicale ai limiti della percezione, come recita il sottotitolo, in virtù della presenza – accanto a un gruppo di solisti – di un ensemble vocale costituito da persone sorde. L’idea centrale è quella di accedere a una regione estrema della percezione, in cui il suono si fonde con la luce, la vibrazione e il gesto grazie al supporto di dispositivi tecnologici e scenici in grado di mettere in comunicazione i performer fra loro e con il pubblico superando la “barriera” del suono. Il concerto, realizzato in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi (sede di Reggio Emilia), vede in scena anche il Secret Theater Ensemble e il Tempo Reale (elettronica) diretti da Dario Garegnani.

Un altro dei fili conduttori del Festival è la reinvenzione contemporanea di tradizioni, che cuce insieme musiche e coreografie nuovissime: “L’Arte della Fuga dalla Fuga” del Quartetto Mirus; “Variazioni sulle Variazioni Diabelli” del Divertimento Ensemble; “Trois Grandes Fugues” del Ballet de l’Opéra de Lyon, in prima ed esclusiva nazionale; il “Trovatore” verdiano nella trasposizione popolare “ballabile” de L’Usignolo e una “Giselle” contemporanea, coreografata da Dada Masilo su musiche originali di Philip Miller.

La nuova danza italiana è da anni uno dei punti fermi della programmazione del Festival, come sostegno a nuove generazioni di coreografi italiani e alla creatività emergente. Quest’anno il Festival ospita il Premio per la Giovane Danza d’Autore dell’Emilia-Romagna, sostenuto da Rete Anticorpi di cui la Fondazione I Teatri è partner. Sono sei i giovani coreografi partecipanti: Nicola Galli, Barbara Berti, Caterina Basso, Manfredi Perego, Francesca Penzo, Olimpia Fortuni.

In un’ottica di nuova creatività cadono anche gli intrecci della danza con altri mezzi espressivi: in questo ambito si colloca lo spettacolo di circo della Compagnie Lapsus, lo spettacolo Offline (le canzoni degli Africa Unite e gli interventi danzati della MM Contemporary Dance Company) e, infine, Emma Dante che nella sua ultima produzione, “Bestie di scena”, sconfina dal teatro nella danza, con uno spettacolo senza testo che lascia la “parola” ai corpi.

Reggioemiliadanza invece è lo spazio che ospita il meglio della produzione coreutica internazionale, con grandi compagnie e coreografi che pongono al centro del loro lavoro il “dispositivo meraviglioso” per eccellenza, il corpo umano. Tra questi, la prestigiosa Nederlands Dans Theater 2, che torna sulla scena del Teatro Valli con quattro nuove creazioni, tre delle quali in prima nazionale (23 settembre), e la Compagnia Aterballetto, che al Valli arriva con due nuove creazioni: una di Hofesh Shechter, ricreata per il Festival e ispirata dai danzatori di Aterballetto, l’altra di Cristiana Morganti, coreografa oggi apprezzata e richiesta in tutta Europa (10 novembre).

Nello spazio di Reggioemiliadanza è inserita anche la compagnia Ballet du Nord, con la creazione di Olivier Dubois, e la compagnia di Saburo Teshigawara (produzione Karas) con la sua coreografia “Tristan und Isolde” tratta dall’opera di Richard Wagner e destinata al Teatro Ariosto in prima europea (martedì 31 ottobre). Teshigawara è protagonista anche dell’omonimo Progetto, realizzato in collaborazione con Collezione Maramotti, che dal 2009 è proposto ad anni alterni con coreografi internazionali sempre diversi. I primi giorni di novembre, contestualmente alla prima europea in teatro, Teshigawara ripresenterà in Collezione “Tristan und Isolde” e poi, in prima ed esclusiva italiana, la performance site specific “Pointed Peak”.

Il Festival dedica spazio anche al jazz contemporaneo, con l’Art Ensemble of Chicago, un gruppo leggendario che riconduce il free jazz alle radici africane; con il chitarrista Marc Ribot, che reinventa il soul di Philadelphia incrociandolo con il post-funk del Prime Time di Ornette Coleman; con il già citato Gregory Porter, che rivivifica le matrici soul-blues con una straordinaria voce jazz di ultima generazione; e con Stefano Battaglia e Michele Rabbiache “leggono” con piglio improvvisativo una tela dipinta.

Tra i motivi trasversali individuabili nel programma troviamo anche due esposizioni che affiancano gli eventi live per tutta la durata del festival: la mostra del pittore Gabriele Amadori con i suoi “Concerti su tela”, opere realizzate come music paintings nel corso di concerti dal vivo, e l’installazione icono-sonora “Triptych” di Yuval Avital.

Il collegamento tra arti visive e arti performative, in stretta connessione con la musica, si ripresenta anche nelle performance di Saburo Teshigawara, fra le opere d’arte della Collezione Maramotti, e nel “Fattore K”, sigla che riunisce le musiche contemporanee (del Novecento storico) ispirate al mondo artistico di Vasilij Kandinskij e che nell’ambito del Festival presenta due concerti, rispettivamente dell’Ensemble dell’Accademia Teatro alla Scala e del Duo pianistico Arciuli Rebaudengo, collegati alla mostra di Palazzo Magnani.