#Laculturanonsiferma. L’Antigone di Bucci e Sgrosso insegna la saggezza

Il 4 aprile secondo appuntamento con lo Speciale Le Belle Bandiere

04 aprile 2020

Dopo un’immersione tra le più celebri pagine goldoniane, lo speciale dedicato alle Belle Bandiere nell’ambito del progetto #laculturanonsiferma prosegue con un salto nell’antichità. Sabato 4 aprile Lepida TV ed Emilia Romagna Creativa trasmettono infatti l’Antigone portata in scena da Elena Bucci (che ne firma anche la regia) e Marco Sgrosso nel 2012, con la produzione del Centro Teatrale Bresciano e il sostegno della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Russi.

Dei grandi classici dell’antichità l’Antigone di Sofocle è forse (insieme all’Edipo) il testo su cui si è maggiormente esercitata la regia nel secolo scorso e su cui continuano oggi a lavorare drammaturghi, registi e interpreti che amano ingaggiare un corpo a corpo con drammaturgie “porose”, cariche di sensi da scoprire e riscoprire dentro pagine studiate come enigmi da risolvere. Sarà il discorso politico intorno a cui è avvitato e che lo rende suscettibile di letture (e riscritture) fortemente attualizzanti, sarà il carattere proto-femminista dell’eroina, o sarà pure il fatto che, come sostengono alcuni, attraverso questo testo si può capire molto di valori e leggi che a dispetto di una lettura troppo semplificatoria non assomigliano per niente a quelli del presente, fatto sta che il capolavoro sofocleo è un titolo che non manca mai nei cartelloni dei teatri, né di ricerca né di tradizione.

È la strategia del rito, come recita il sottotitolo dell’allestimento, la chiave di lettura della messinscena realizzata dalle Belle Bandiere. Sulla scia di una precedente esperienza di concerto a due sul mito di Antigone e ispirati dalla sua rifrazione di punti di vista, Bucci e Sgrosso (in scena Antigone e Creonte) sono arrivati allo spettacolo allargando il loro lavoro sul testo ad altri attori della compagnia, ovvero Daniela Alfonso, Maurizio Cardillo, Nicoletta Fabbri, Filippo Pagotto e Gabriele Paolocà. Insieme a loro, accanto al grande contrasto primario tra le ragioni del cuore di Antigone (seppellire il fratello morto) e la ragione di stato di Creonte (vietare la sepoltura di un traditore) hanno ricostruito tutti gli altri contrasti della tragedia: quello tra le due sorelle, Antigone e Ismene, quella tra Creonte e suo figlio Emone, quella tra Creonte e il profeta cieco Tiresia. Ognuna di queste opposizioni è generata da uno scontro tra valori, ora politici, ora religiosi.

“Rileggere la tragedia – si legge infatti nelle note dei due registi e attori – è anche un tentativo di ritrovare le fonti di un pensiero etico e politico che pare sbiadirsi di giorno in giorno e di tornare a riflettere sul mito come strategia di condivisione che unisce e crea una comunità”. Nessuno può togliere a nessuno la libertà di dire no, è questo il pensiero più profondo che la compagnia rintraccia nell’originale sofocleo.

Sotto le luci disegnate da Maurizio Viani, tra movimento e danza, cantato e parlato, maschera e volto, gli attori si muovono da un piano all’altro all’interno di una drammaturgia coreografica e musicale (i suoni sono curati da Raffaele Bassetti), che cerca nella tragedia antica una profonda commistione tra diversi linguaggi dell’arte. Una fila di sedie e cinque piccoli scranni dividono gli spazi e scandiscono il tempo dell’ascolto e del canto: “Come in una sospensione da concerto, l’aspettativa da brivido degli strumenti che si accordano allude alla musica che seguirà”.