Lettere a Nour. In scena le due anime dell’islam

Prima nazionale al Teatro Alighieri di Ravenna, il 14 giugno

09 giugno 2018

Rachid Benzine, islamologo e filosofo francese di origine marocchina, è uno degli esponenti di spicco della nuova generazione di intellettuali dediti allo studio del Corano in un’ottica di dialogo con le altre culture e religioni occidentali. Il suo romanzo Lettere a Nour è un ritratto per noi inedito della cultura islamica, tratteggiato in forma diuna  storia privata dal respiro universale: un drammatico dialogo a distanza tra un padre e sua figlia. Nato come romanzo epistolare – scritto nel 2016 – è già stato rappresentato in Belgio, con notevole successo, nella sua versione teatrale. Ora il giovane Giorgio Sangati, regista proveniente dalla scuola di Luca Ronconi, lo porta in scena anche in Italia, con la prima nazionale in programma al Teatro Alighieri di Ravenna giovedì 14 giugno (alle 21.00) nell’ambito del Ravenna Festival che in questa edizione porta il titolo di We have a Dream.

In scena – una sorta di spazio dell’anima ideato da Alberto Nonnato – duettano Franco Branciaroli, interprete di eccezione il cui lungo percorso teatrale ha spesso incrociato i complessi orizzonti della riflessione religiosa, e Marina Occhionero, giovane e promettente attrice teatrale e nuovo volto del cinema. Branciaroli indossa le vesti del padre, un professore universitario e illuminato intellettuale islamico che vive in Francia e osserva la sua religione come messaggio di pace e di amore; la Occhionero invece si cala nel ruolo della figlia, Nour del titolo, che di colpo abbandona la sua vita di brillante studentessa per raggiungere e sposare un integralista conosciuto in internet, un combattente dell’Isis. Il padre scrive alla figlia lontana e lei risponde. Comincia una corrispondenza che sarebbe durata due anni. Ne emerge un rapporto, intenso e travagliato, che trascende lo scontro familiare per farsi quasi archetipico e al contempo attualissimo, rappresentativo delle vecchie e nuove tendenze generazionali, degli affetti familiari stravolti dalla Storia e del complesso confronto tra le due (antitetiche) anime dell’islam e, ancora, tra l’islam e la cultura occidentale, che qui ha il volto di una Francia lacerata da conflitti sociali e culturali. Nella sua essenzialità drammatica di puro dialogo la pièce, come il romanzo, si muove con efficacia straordinaria fra cronaca e ideologia e tocca nel vivo le ferite profonde della nostra contemporaneità.

“Rachid Benzine, a sua volta intellettuale e islamista, sostenitore convinto di una lettura critica e aperta del Corano – scrive il regista Sangati – da tempo si batte per svincolare gli studi sulla religione da strumentalizzazioni politiche di qualsiasi tipo e alimentare la ricerca con strumenti provenienti dalle scienze umane e sociali. In Lettere a Nour va dritto al nucleo della questione: perché ragazze e ragazzi giovanissimi decidono di lasciare i loro paesi per partecipare alla folle guerra dello stato islamico? Cosa cercano? Cosa è mancato? Evitando semplificazioni e restando coraggiosamente all´interno del perimetro dell´islam, costruisce una specie di clone di se stesso: il padre di Nour, più vecchio dell´autore, diventa così una sua possibile proiezione. Benzine teatralmente si sdoppia e si immagina a colloquio con una generazione di figli che non riesce a comprendere il senso del suo pensiero. Si interroga sulle possibili motivazioni alla base di questa “rottura”, si mette in discussione, si osserva senza sconti. Non vuole, però, fornire risposte, piuttosto suggerire domande, offrire spunti: forse la rimozione dell´emozione (e della morte) e l´eccesso di razionalità possono rendere sterile anche il punto di vista più aperto. È necessario rimanere sempre in ascolto, in contatto col mondo (tutto) e non chiudersi in se stessi, nel proprio orgoglio. Sarebbe fatale in questo momento rinunciare al dialogo con l´altro, soprattutto quando l´altro sposa una causa per frustrazione, subendo la manipolazione di approfittatori senza scrupoli. Il suggerimento tra le righe non è da poco in un mondo che tende a dividere sistematicamente, in ogni ambito, buoni (noi) e cattivi (gli altri). Certo, i mostri ci sono, da una parte e dall´altra ed è bene riconoscerli, ma solo creando ponti sarà possibile riallacciare i rapporti all´interno dell´unica grande famiglia degli uomini; le divisioni, i muri non servono a nulla: perché, come dice il padre di Nour, il destino di un muro è il suo crollo”.

La messa in scena di “Lettere a Nour” si avvale anche di una scenografia sonora, sospesa tra oriente e occidente e costruita dal Trio Mothra, mimetizzato sul palco: Fabio Mina (flauti, duduk, elettronica), Marco Zanotti (batteria preparata, percussioni, elettronica) e Peppe Frana (oud, godin multioud, elettronica).

La traduzione italiana del testo è curata da Anna Bonalume. Le luci portano la firma di Vincenzo Bonaffini, i costumi sono di Gianluca Sbicca.

La pièce, prodotta da Emilia Romagna Teatro Fondazione, Centro Teatrale Bresciano e Teatro De Gli Incamminati, verrà replicata il 16 luglio, all’Arena Shakespeare del Teatro Due di Parma.