"Tenero" è Natura Dèi Teatri

Il festival di performing arts di Lenz a Parma fino al 6 luglio

28 giugno 2018

Dopo il felice debutto con Il Grande Teatro del Mondo di Lenz, andato in scena al Teatro Farnese, lo storico festival internazionale di performing arts Natura Dèi Teatri, diretto da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, ha ancora in serbo appuntamenti di grande interesse fino al 6 luglio, tra l’Oratorio di San Quirino e Lenz Teatro.

Ventitrè anni di storia e un tema guida che, per il triennio 2018-2020, è Toccare. Ispirazioni da Jean-Luc Nancy, con la tripartizione “Tenero” nel 2018, “Liscio/Striato” nel 2019 e “Sforzo” nel 2020. “Tenero presuppone il toccare, ma anche una predisposizione morale – suggeriscono i curatori – Il toccare è indispensabile all’esperienza, alla conoscenza e alla relazione affettiva, eppure oggi tocchiamo sempre meno sia le cose sia le persone”.
Nel teatro o nella danza il medium è sempre il corpo. Ma il tocco tra parola, pensiero, emozione diventa movimento, ritmo, vibrazione, tensione muscolare. “È un tocco lieve, tenero nel senso della smisurata forza della poesia che tocca il cuore di pietra delle cose”.

A toccare l’esperienza degli spettatori arriva dunque, dal 2 al 6 luglio all’Oratorio di San Quirino, Iphigenia in Aulide. Ah! Qu’il est doux, mais qu’il est difficile di Lenz, prima parte di un dittico – realizzato nel biennio 2018-2019 in collaborazione con il Conservatorio Arrigo Boito di Parma. Si tratta di una riscrittura scenico-musicale dalla tragedia di Euripide e dall’opera tardo settecentesca di Christoph Willibald Gluck. L’impianto drammaturgico e visivo curato da Francesco Pititto è interpretato da Valentina Barbarini insieme alla giovane soprano Debora Tresanin e al basso Eugenio Degiacomi, impegnati in concerto vocale sulle intense e graffianti rielaborazioni elettroniche di Andrea Azzali. “Contrapposta alla violenza patriarcale, la debole forza di Iphigenia rappresenta la più alta funzione morale. – annota la regista Maria Federica Maestri – Inizialmente preda terrorizzata di fronte all’atrocità del sacrificio, da vittima innocente si trasmuta in soggetto poetico e politico pienamente consapevole del proprio destino di morte”. L’installazione scenica è costituita da un altare materico “tenero e crudele” ispirato alle opere organiche di Joseph Beuys.

Il 4 e 5 luglio (due repliche ogni sera) a Lenz Teatro, Tim Spooner presenterà in prima assoluta Il Grande Teatro del Mondo_Momentary Plush, opera commissionata dal Festival: “Un animale si muove lentamente, avvicinandosi. Il suo guscio di plastica è ammaccato dappertutto, piccoli segni dei momenti precedenti. Questo lavoro guarda ad un avanzamento verso un particolare momento, che carica il tempo zoppicante che lo circonda”. Tim Spooner agisce nei campi della performance, del collage, della pittura e della scultura. Utilizza materiali e oggetti che rivelano inaspettate proprietà, al fine di aprire prospettive al di là della percezione quotidiana, umana.

Tra gli ospiti di questa edizione, dopo Luna Cenere, astro nascente della coreografia internazionale, è la volta della coreografa e danzatrice Cristina Kristal Rizzo con il suo storico Invisible Piece inaspettato dialogo con “La morte del cigno” danzata da Anna Pavlova nel 1924 (29 giugno a Lenz Teatro). Mentre il pubblico si confronta con la visione originale della morte del cigno di Anna Pavlova, la Rizzo è al centro della scena e, attraverso una traduzione simultanea dell’antica versione, attualizza un loop gestuale, un landscape espressivo infinito e precario in cui tutti i movimenti e le espressioni dei ‘corpi’ improvvisamente tradiscono la partitura iniziale per diventare ambigui e fuori controllo.

A “Natura Dèi Teatri” anche Il regno profondo. Perché sei qui?, la più recente lettura drammatica della Societas, interpretata da Claudia Castellucci e Chiara Guidi, (Lenz Teatro il 3 luglio): “Cosa faccio qui?” – è la prima di molte domande che due ‘luogotenenti’ arroccate su un podio, si scambiano. Sono domande elementari, di discorsi ancora più poveri, ma se vi si badasse, come è qui il caso, si aprirebbero crepacci sulla superficie sicura della loro quotidianità. L’abitudine delle cose quotidiane entra all’improvviso nel turbine del dubbio radicale, e la logica stringente – cui le due figure si sottopongono – è captata da un’ironia che pretende onestà.

Il Teatro del Lemming chiude le ospitalità del festival: il 6 luglio con Cantami Orfeo, spettacolo per pianoforte e voci recitanti con Chiara Elisa Rossini e Massimo Munaro che prevede la partecipazione di venti spettatori a replica, a cui è richiesto di portare una coperta: “Il racconto di Ovidio si materializza continuamente interpuntato da altri frammenti poetici che rendono l’immaginario più personale e profondo. È come se lo spettatore fosse invitato a compiere, come Orfeo, una sua personale catabasi, una discesa nel mondo infero che è anche, inevitabilmente, un viaggio nella memoria. Attraverso il racconto del mito, il tema della morte viene affrontato, denunciato, analizzato in tutto il suo spessore e la sua complessità. Questo grande rimosso della cultura occidentale viene qui affermato in tutta la sua crudele verità, lasciando infine agli spettatori il compito di “non voltarsi, mai”.

 

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Il Grande Teatro del Mondo || Intervista a Maria Federica Maestri e Simone Verde