Ritratto di donna araba che guarda il mare

La pièce di Davide Carnevali è all’Arena del Sole di Bologna, dal 9 all’11 novembre

07 novembre 2018

La messa a fuoco della condizione della donna e del potere maschile, tra lotte verbali che generano distanza e alimentano incomprensioni. Una riflessione non scontata su migrazione e scontri tra culture e un’esplorazione della possibilità del tragico nella contemporaneità. Ritratto di donna araba che guarda il mare è tutto questo.

La pièce di Davide Carnevali, drammaturgo italiano tra i più apprezzati all’estero, è in scena all’Arena del Sole di Bologna (nella Sala Thierry Salmon) dal 9 all’11 novembre (venerdì alle 20.30, sabato alle 20.00 e domenica alle 16.30). Fortemente allegorico, il testo di Carnevali punta l’0biettivo sull’uomo europeo e sulla donna araba, ovvero su valori di culture differenti, su popoli lontani per sensibilità ma accomunati dal fatto di affacciarsi sul Mediterraneo.

La drammaturgia  si compone di dieci frammenti, dieci “istantanee” che, come in un puzzle, pezzo dopo pezzo, svelano il disegno completo. L’uomo di questa storia, un turista europeo, in una città senza nome del Nordafrica incontra una giovane donna araba che, al tramonto, guarda il mare: l’intera storia si sviluppa da questo fugace incontro e attraverso il susseguirsi di altri incontri dei due protagonisti tra le strade della città vecchia. Città viva e piena di tensioni, città/personaggio che contiene tutti gli altri personaggi  e costringe l’uomo a ingaggiare un corpo a corpo con la propria coscienza. Si procede per associazioni, tra prospettive incrociate e contrasti in cui la parola è sempre sfuggente, precaria, ambigua, mentre tenta di farsi ponte tra culture lontane.

Permane per tutta la durata della pièce (85 minuti) una sorta di sospensione del tempo, evocativa di certe visioni di Edward Hopper, pittore statunitense noto soprattutto per i suoi folgoranti ritratti della solitudine dell’uomo contemporaneo. Definito “una parabola tesa, inquietante” e “uno spietato teorema esistenziale”, lo spettacolo deve il successo anche ai suoi interpreti, cinque giovani attori di talento – Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Giulia Viana e Noemi Bresciani – e alla messa in scena coadiuvata da una sorta di alfabeto spaziale, con riprese video e modellini in scala, dalle scenografie e dai costumi di Maria Paola Di Francesco, dal suono di Gianluca Agostini e dalle luci di Marco D’Andrea.

Nel 2013, ancora inedito, il testo vinse il 52° Premio Riccione per il Teatro per il “raffinato e personalissimo sguardo dell’autore” e per la sua “visionarietà vivida”. Da allora è stato protagonista di diverse letture sceniche in Francia ed è diventato lo spettacolo coprodotto da Lab121 e Riccione Teatro per la regia di Claudio Autelli.