Il senso della vita di Emma

Il 31 marzo a Rubiera l’ultimo spettacolo di Paravidino

27 marzo 2019

A raccontare le pieghe nere e profonde della generazione X cresciuta intorno agli anni della caduta del Muro di Berlino e della fine della Guerra Fredda sono stati, negli ultimi anni, soprattutto i romanzi. Non stupisce, perciò, che a provare a portare nella scatola del palcoscenico uno dei momenti più psicologicamente perturbanti della storia recente sia stato Fausto Paravidino, drammaturgo e regista italiano che si distingue per un teatro che non rinuncia mai alla trama e ai personaggi, alla costruzione di peripezie umane, per scattare istantanee negli interni di famiglia, e confrontarsi con la vita straordinaria di chi vive ordinariamente in mezzo a noi, con le storie di persone vicine, che ci assomigliano. Il suo teatro di parola, d’altronde, ha proprio il respiro di un romanzo, soprattutto grazie a una scrittura in cui la grande Storia, le correnti, i discorsi, la memoria collettiva si affacciano dietro i dettagli delle storie individuali, evocando quel peculiare intreccio tra pubblico e privato che tratteggia le caratteristiche emblematiche di ciascuna generazione.

Il senso della vita di Emma, in scena il 31 marzo alle 21 al Teatro Herberia di Rubiera, nel cartellone de La Corte Ospitale, racconta infatti cinquant’anni di storia italiana a partire dall’epopea di una famiglia, quella di Emma, appunto, il cui ritratto campeggia tra i quadri di una galleria. Sarà proprio l’opening della mostra a innescare una serie di dialoghi intorno alla storia di Emma, sparita anni prima senza lasciare tracce. Ripercorrendo il tempo che va dagli anni Sessanta (quando i genitori di Emma si conoscono) ai giorni nostri, i dialoghi tra madre, padre, fratello, sorella, amici, un parroco e una vicina, costruiscono la fitta trama di un racconto che parla di arte, relazioni, politica, ecologia, scelte di vita. “Emma non parla – spiega l’autore – perché Emma è scomparsa. Emma è scomparsa volontariamente e le persone della vita di Emma si chiedono perché Emma abbia fatto come sua madre quando era incinta di lei. Allora era scomparsa, era scomparsa perché non sopportava più la sua vita, ma sapevano tutti dov’era: era da Clara e da Giorgio, i suoi amici. Emma invece nessuno sa dov’è. Sanno che non ha più il profilo Facebook né il telefono e sanno che è stata avvistata in Kosovo e che ci sono due persone che ricevono notizie di lei. Sanno che sta bene. E che, prima che cali la tela, tornerà”.

A raccontare l’appassionante vicenda, insieme ai protagonisti Fausto Paravidino, Iris Fusetti, Eva Cambiale, Jacopo Maria Bicocchi e Angelica Leo, ci sono Gianluca Bazzoli, Giuliano Comin, Giacomo Dossi, Marianna Folli, Veronika Lochmann, Emilia Piz, Sara Rosa Losilla, Maria Giulia Scarcella, tra le scene di Laura Benzi, i costumi di Sandra Cardini e le musiche originali di Enrico Melozzi eseguite dall’Orchestra Notturna Clandestina. Le maschere sono invece di Stefano Ciammitti e le luci di Lorenzo Carlucci per una produzione del Teatro Stabile di Bolzano in coproduzione con lo Stabile di Torino.