Vizio di forma. Il dilemma del libero arbitrio

Il 5 e 6 febbraio a Modena Archivio Zeta rilegge Primo Levi

05 febbraio 2019

Cosa sceglieremmo di fare se qualcuno, mentre ci troviamo in un non-luogo e in un non-tempo in cui non siamo ancora nati, ci chiedesse di nascere dopo averci detto cosa ci aspetta, ovvero pur essendo già avvertiti, consapevoli, di essere affetti, come umani, da un vizio di forma che ci porta ora ad essere creature meravigliose e un attimo dopo a commettere terribili errori e atrocità. È il potente dilemma sul senso del libero arbitrio che Primo Levi ha posto ai suoi lettori in Vizio di Forma e quello che Archivio Zeta ripropone adesso, attraverso uno spettacolo liberamente ispirato all’opera di Levi, al pubblico contemporaneo. Dopo essersi occupati per molti anni della produzione più nota dello scrittore, anche con un progetto teatrale-educativo costruito insieme alla Scuola di Pace di Monte Sole, a partire dalla Zona Grigia descritta nei Sommersi e i Salvati, stavolta la compagnia tenta un affondo nella sua opera più nascosta, confrontandosi con la seconda raccolta di racconti fanta-tecnologici e fanta-biologici, pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1971. Lo spettacolo, che andrà in scena il 5 e il 6 febbraio alle 21 al Teatro delle passioni di Modena, vede come protagonisti proprio Guidotti e Sangiovanni, con il supporto di Alberto Gemmi, responsabile anche del trattamento del montaggio e della proiezione dei filmati in super8, con la sempre sofisticata partitura musicale di Patrizio Barontini e le sculture in cera di Francesco Fedele.

“Siamo partiti dallo studio dei racconti di fantascienza – raccontano i registi – scoprendo un mondo ricchissimo di idee, predizioni, premonizioni, immagini, angosce. La scrittura di questo straordinario lucido intellettuale è un pozzo senza fine di riflessioni filosofiche sull’essere umani oggi, sul potere devastante della tecnica, sul destino delle nostre coscienze, sul nostro tessuto originario, sulla falsificazione del linguaggio, sull’abuso pornografico delle immagini, sull’apocalittica distruzione della natura”. Levi, in effetti, non era ‘solo’ un testimone particolarmente acuto dell’orrore dei lager. Al di là del ruolo di scrittore-testimone in cui molto spesso è stato incasellato, il chimico torinese, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, è stato uno straordinario intellettuale tout-court. E di questa eccezionalità schiettamente letteraria e filosofica provano a dare conto nel loro Vizio di Forma, i registi, autori e attori e cineasti Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti,  raffinati cesellatori di lavori quasi sempre nati a cavallo tra linguaggio teatrale e parola letteraria antica e contemporanea, tra immagine simbolica e meticolosa analisi di brechtiana (e ronconiana e straubiana) memoria, noti soprattutto per gli imponenti, visionari spettacoli che realizzano ogni estate, da oltre quindici anni, al Cimitero Militare Germanico della Futa, il più grande sacrario tedesco in Italia, sull’Appennino tosco-emiliano.  “Poter lavorare su questo magma incandescente – spiegano ancora – permette al nostro teatro di andare a fondo su diverse questioni aperte in altri spettacoli: il ruolo del pubblico come parte attiva della drammaturgia e della scena, l’analisi metafisica del testo, il rapporto dialettico tra immagine e parola. Siamo in un buco nero, in-nessun-posto (nowhere, e in effetti siamo dalle parti di Erewhon di Samuel Butler) e una funzionaria, specialista nel mestiere di infilare anime nei corpi, cerca di venderci, a noi – non-nati -, la vita sulla terra: non ci saranno altre occasioni, i candidati sono tanti e ognuno dovrà vedere, giudicare e scegliere in piena libertà”.