Per voce sola. Roberto Latini a Bologna

Tre spettacoli e un seminario, dal 5 all’8 novembre

05 novembre 2018

Per quattro giorni, dal 5 all’8 novembre, Roberto Latini torna ad essere di casa a Bologna grazie al progetto Roberto Latini, per voce sola. Il centro di promozione teatrale La Soffitta in collaborazione con ERT, dedica infatti all’attore, regista e drammaturgo, tra i più originali e rappresentativi del panorama contemporaneo, un focus, a cura di Fabio Acca, che comprende tre spettacoli e, in apertura, il 5 novembre, un seminario riservato agli studenti.

Erede di quella tradizione attoriale che è già storia, passata attraverso la scuola romana di Perla Peragallo, e direttore del Teatro di San Martino di Bologna dal 2007 al 2012, Premio Ubu ancora in carica come miglior attore 2017, fondatore con Gianluca Misiti e Max Mugnai della Compagnia Fortebraccio Teatro, Latini è oggi uno dei massimi poeti della scena, scorticatore di classici e di archetipi, capace di scavare nelle parole, di stravolgerne la forma consueta e di riappropriarsene con una voce nuova, per ridestarne il senso alla luce dell’attualità, di un’attualità inattuale. Più precisamente, un senso non solo politico, sociale, culturale, ma soprattutto intimo, individuale, metafisico.

Negli ultimi anni lo abbiamo visto in scena in lavori in cui era regista e autore di se stesso, capocomico di cori favolosi in mondi incantati popolati da dee, clown e boschi e laghi, come quello delle Metamorfosi, o di riletture originali di opere della tradizione come il Teatro Comico di Goldoni, prodotto lo scorso anno dal Piccolo di Milano, ma anche interprete di operazioni registiche intorno alla figura dell’attore, come nell’Arlecchino servitore di due padroni di Antonio Latella. Oscillando tra l’indipendenza autarchica e brillanti collaborazioni, ha radicato la propria ricerca in quel crogiuolo ricco di sperimentazione in cui le tradizioni dell’attore, della scrittura drammatica e della regia s’incontrano. Il focus bolognese è dedicato espressamente ai lavori per voce sola, evidenziando l’aspetto forse più rilevante della sua produzione artistica, la solitudine dell’attore in scena, dove proprio quella sintesi si compie pienamente.

Slancio metafisico e incantamento sonoro delle parole sono i caratteri più evidenti del suo Cantico dei Cantici, spettacolo vincitore di un doppio Premio UBU nel 2017, come migliore attore, a Latini appunto, e come miglior progetto sonoro o musiche originali a Gianluca Misiti, in scena il 6 novembre al Teatro Arena del Sole alle 20.30. Lavorando su uno dei testi più antichi, dolci e misteriosi di tutte le letterature, l’attore lo interpreta come flusso, assecondandone i movimenti interni per restituire allo spettatore la componente quasi onirica dell’opera, anche grazie all’atletismo del cuore che produce la musica originale e struggente di Misiti: “Non ho tradotto alla lettera le parole – spiega infatti Latini – sebbene abbia cercato di rimanervi il più fedele possibile. Ho tradotto alla lettera la sensazione, il sentimento, che mi ha da sempre procurato leggere queste pagine. Ho cercato di assecondarne il tempo, tempo del respiro, della voce e le sue temperature. Ho cercato di non trattenere le parole, per poterle dire, di andarle poi a cercare in giro per il corpo, di averle lì nei pressi, addosso, intorno; ho provato a camminarci accanto, a prendergli la mano, ho chiuso gli occhi e, senza peso, a dormirci insieme”.

Il 7 novembre alle 21, nel teatro del DAMSLab di piazzetta Pasolini, arriva invece il radio edit de I Giganti della montagna, tratto dall’omonimo testo incompiuto di Luigi Pirandello, trasformato da Latini in una macchina attoriale che conduce le parole ben oltre il tempo e lo spazio della narrazione, perché “se i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre, per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli”. Andando alla ricerca di una dimensione profondamente emozionale, romantica e insieme postmoderna, Latini la rintraccia, o meglio, la inventa, nell’incompiutezza di un’opera sul ‘mito dell’arte’ a metà tra favola e realtà, proprio là dove manca il classico ‘Cala la tela’ che avrebbe invece concluso l’opera consegnandola chiusa e granitica ai posteri. Un invito a nozze per un artista che dell’inconcluso, dell’infinito e dell’indefinito ha fatto il fronte privilegiato della sua ricerca, fondamento del suo slancio immaginativo, filosofico, iconografico e fisico. I Giganti diventano così occasione preziosa per un nuovo esercizio di ontologia, per cercare di dire, di chiarire, di spiegare, di rivivere, di riattivare ogni volta il senso del proprio essere uomo e artista. “Ho sempre avuto una grandissima attrazione per i testi cosiddetti incompiuti – dice Latini – mi sembrano da sempre così giusti rispetto al teatro. L’incompiutezza è per la letteratura, per il teatro è qualcosa di ontologico. Trovo perfetto per Pirandello e per il Novecento che il lascito ultimo di un autore così fondamentale per il contemporaneo sia senza conclusione. Senza definizione”.

Ancora intorno a Pirandello si annodano i fili dell’ultimo appuntamento del focus, l’8 novembre, sembra al DAMSlab alle 21. Un Pirandello arcinoto, quello del metateatro dei Sei personaggi in cerca d’autore, decostruito da Fortebraccio Teatro in un’opera nuova intitolata Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi?. La vera novità è che l’interpretazione solistica stavolta è affidata da Latini regista e drammaturgo alla voce e al corpo di PierGiuseppe Di Tanno, scelto tra quasi cinquecento candidati under 35 per un laboratorio/produzione organizzato dal festival Orizzonti di Chiusi, poi naufragato. Una nuova tappa, dopo quelle con il Teatro Comico di Goldoni, e il Quartett di Heiner Müller, di una lunga riflessione sul teatro, diventato mezzo e fine allo stesso tempo, con la volontà di utilizzare la condizione meta-teatrale dei Sei personaggi pirandelliani per pensare e ripensare la smania che li porta in scena, per ragionare sull’urgenza e insieme la resistenza al palcoscenico, per fissare, trattenere, quella “delicatezza del poco e del niente” che caratterizza l’arte dell’attore.

 

 

 

 

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Per voce sola. Intervista a Roberto Latini